24 giugno 2013

Punzecchiature

Il neo ministro dello sport, Josefa Idem, sta subendo un attacco da parte della stampa e di alcuni esponenti del PDL perché sembra che sia responsabile di alcuni sotterfugi in campo edilizio e fiscale al fine di risparmiare su alcune imposte. Da quanto risulta dalle informazioni finora pubblicate si tratterebbe di modesti importi, ben diversi da certi fatti accertati sempre in campo immobiliare e mai castigati a carico di esponenti ben più importanti del governo attuale e di quelli passati.
Di fronte alla campagna di stampa e di molti suoi colleghi parlamentari il ministro da un lato si è rifiutata di rispondere ad alcune imbarazzanti domande di giornalisti nel corso di una conferenza stampa, ma ha aggiunto con fermezza che non intende in alcun modo dimettersi dal suo incarico, dato che lei è un’atleta e non un ragioniere fiscalista e quindi non era al corrente delle possibili marachelle compiute in suo nome.
Quello che ci preme notare è che la ben nota atleta è nata in Germania ed ha assunto la cittadinanza italiana in seguito al suo matrimonio con un nostro concittadino, e dobbiamo esserle grati per tutte le medaglie guadagnate con i nostri colori.
Considerando l’incidente nel quale è incorsa ed il successivo comportamento dobbiamo comunque riconoscere che si è integrata benissimo con le nostre inveterate usanze, anche senza farsi assistere dall’apposito ministero e senza  invocare alcuno “jus soli”.

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La Corte Costituzionale si è solennemente pronunciata: un magistrato può decidere se è opportuno o meno che si tenga un Consiglio dei Ministri ed ha così’ sentenziato che presenziare ad un’udienza giudiziaria è più importante che presiedere una riunione del supremo organo esecutivo del paese.
Lasciando da parte ogni considerazione sul merito delle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi, da non costituzionalisti vorremmo fare alcune considerazioni a lume di  banale logica.
Secondo la nostra Costituzione la sovranità appartiene al popolo che, nelle forme previste dalla legge, ne delega l’esercizio al Parlamento – eletto direttamente – (potere legislativo) ed al Governo, incaricato dal Parlamento di esercitare il potere esecutivo. Nessun altro ente è delegato dal popolo, detentore esclusivo della sovranità, ad esercitare in proprio nome qualunque forma di potere caratteristico della sovranità stessa.
La Costituzione stabilisce che “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”, cui si accede unicamente per concorso: non è quindi espressione della sovranità popolare.
D’altra parte, la Corte Costituzionale è chiamata, oltre che a giudicare la legittimità costituzionale delle leggi, ad esprimersi sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato. Ciò che appare strano e ad un profano del tutto incomprensibile consiste nel fatto che l’ultima decisione citata sottopone un potere espressione della sovranità popolare (il potere esecutivo) alla volontà di un ordine, indipendente sì dagli altri poteri, ma legittimato ad esercitare il proprio potere non in virtù di delega da parte del popolo sovrano, ma unicamente da un concorso.
Se queste osservazioni hanno qualche logica, dobbiamo forse chiederci se non sia necessaria una qualche difesa da certe pronunce della Corte Costituzionale che non appaiono troppo in linea con la lettera e lo spirito della Costituzione, che essa è chiamata ad applicare, ma soprattutto a rispettare. Sarà forse necessaria una lotta per difendere la Costituzione dalla Corte Costituzionale?


Il Bertoldo

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